Critica scientifica alla sperimentazione animale
La base del ragionamento scientifico dietro alla sperimentazione animale è che gli animali siano buoni modelli per gli esseri umani. Questo si basa sull’idea che gli animali possano rappresentare accuratamente gli esseri umani, fornendo un modello utile per comprendere gli effetti delle sostanze chimiche e delle malattie. Tuttavia, ci sono nuove scoperte scientifiche che mettono in discussione questa pratica.
La sperimentazione animale
La “Sperimentazione Animale” è un termine generale che abbraccia diverse tecniche di ricerca che coinvolgono animali vivi. Queste tecniche possono variare da esperimenti chirurgici che implicano l’incisione dei tessuti (vivisezione), a test di tossicità acuta e cronica, fino a studi che inducono malattie, lesioni, traumi o addirittura la
morte degli animali.
Quali e quanti animali?
Nel 2020, secondo i dati riportati dalla Commissione Europea, sono stati utilizzati circa 8,5 milioni di animali per scopi scientifici nell’Unione Europea e in Norvegia (clicca qui per info). Mentre in Italia nel 2018 sono stati utilizzati oltre 550 mila animali secondo le più recenti statistiche del Ministero della salute (clicca qui per info).
La gravità della procedura viene valutata in base al livello di dolore, sofferenza, angoscia o danno prolungato inflitto al singolo animale durante l’intera procedura. Circa il 50% degli animali utilizzati in Italia è stato sottoposto a procedure classificate come fonti di dolore moderato o grave. Queste includono test di tossicità cronica/cancerogenicità, impianto chirurgico di cateteri o dispositivi biomedici, trapianti di organi con il rischio di rigetto causante angoscia intensa o deterioramento grave, nuoto forzato fino all’esaurimento, privazione di cibo, movimento e isolamento prolungati, nonché modelli di induzione di tumori o sviluppo spontaneo di tumori associati a malattie progressive letali accompagnate da dolore, angoscia o sofferenza prolungata.
Si stima che decine di milioni di animali vengano ancora utilizzati annualmente per scopi di ricerca in tutto il mondo, sebbene non ci sia una stima accurata e centralizzata a livello globale.
Le specie animali utilizzate possono includere roditori come topi e ratti, conigli, cavie, pesci, nonché altre specie come cani, gatti e primati non umani.
Critica scientifica ai modelli animali
La base del ragionamento scientifico dietro alla sperimentazione animale è che gli animali siano buoni modelli per gli esseri umani. Questo si basa sull’idea che gli animali possano rappresentare accuratamente gli esseri umani, fornendo un modello utile per comprendere gli effetti delle sostanze chimiche e delle malattie. Tuttavia, ci sono nuove scoperte scientifiche che mettono in discussione questa pratica. In passato, si giustificava l’uso di animali in laboratorio affermando che la condivisione di sequenze di DNA, come l’85% dei geni tra l’uomo e il topo, rendesse gli animali buoni modelli. Ma ora, con le nuove conoscenze sulla genetica e sull’epigenetica, sappiamo che la similitudine nei geni non è l’unico fattore rilevante. Ciò che conta è come questi geni sono regolati, accesi o spenti, attraverso complessi meccanismi epigenetici che variano tra le specie.
La sperimentazione animale, in cui si induce artificialmente una malattia in animali sani per studiare malattie umane, è altamente critica. Spesso, questi modelli animali non riproducono accuratamente la patologia umana e possono mostrare solo aspetti grossolani della malattia. Inoltre, il fatto che la malattia sia indotta in modo artificiale e si sviluppi in modo diverso rispetto agli esseri umani solleva domande sulla validità di questi modelli. Inoltre, la complessità del corpo umano non può essere pienamente compresa riducendo l’organismo a singole parti. Gli studi sugli animali da laboratorio, che vivono in condizioni artificiali e spesso hanno differenze fisiologiche significative rispetto agli esseri umani, possono non riflettere accuratamente la complessità delle malattie umane.
In conclusione, l’uso di animali come modelli per gli esseri umani nella sperimentazione solleva dubbi sulla loro validità, specialmente alla luce delle nuove conoscenze scientifiche che sottolineano le differenze epigenetiche e fisiologiche tra le specie.
Esempi di articoli scientifici che mettono in discussione la ricerca basata su modelli animali
● Le risposte genomiche dei modelli murini non rispecchiano quelle umane nelle malattie infiammatorie
● Perché la maggior parte dei modelli animali è destinata a fallire
● Regolazione specie-specifica del glucosio e la ricerca sul diabete
● I test comportamentali nei topi NON sono utili per valutare l’effetto degli ansiolitici
● La testimonianza: dal Refinement al Replacement
● Malattie complesse nel contesto della medicina preventiva e personalizzata: i modelli animali sono inappropriati
● I modelli animali per lo studio delle dipendenze sono utili?
● Terapia COVID-19: gli studi preclinici portano fuori strada
● Metodi alternativi in tossicologia regolatoria: non “se” ma “come e quando”
● La ricerca sull’Alzheimer in stallo: limiti dei modelli animali e nuovi approcci human-based
I nuovi approcci metodologici senza animali (NAMs)
L’acronimo inglese “NAM”, al plurale “NAMs”, si riferisce a “New Approach Methodologies“, tradotto in italiano come “Nuovi Approcci Metodologici“. Questi sono definiti come tecnologie, metodologie e approcci avanzati che forniscono informazioni sul rischio associato alle sostanze chimiche senza l’utilizzo di animali interi. L’applicazione dei NAMs va oltre lo studio degli effetti delle sostanze chimiche e si estende dalla ricerca biomedica alla didattica. Gli approcci “human-based”, tradotti come “basati sull’uomo”, si concentrano su metodologie basate sulla biologia umana e rilevanti per l’uomo, utilizzando dati, materiali, cellule, tessuti, organi, organismi e popolazioni umane. Tuttavia, va notato che i termini “NAMs” e “approcci basati sull’uomo” sono spesso utilizzati come sinonimi, sebbene non siano completamente intercambiabili. I NAMs, in particolare, si riferiscono principalmente a tecnologie emergenti e, talvolta, includono anche l’utilizzo di forme di vita con un minor sviluppo neuro-cognitivo, come larve di pesce e organismi invertebrati, per condurre studi a livello meccanicistico.
Alcuni esempi di nuovi approcci metodologici human-based:
● Tecnologie avanzate di imaging
Esistono diverse tecnologie avanzate di imaging e scansione che consentono di studiare processi in vivo in modo non invasivo negli esseri umani. Queste tecnologie, come la Risonanza Magnetica (MRI), la Risonanza Magnetica Funzionale (fMRI), la Tomografia Assiale Computerizzata (TAC) con ricostruzione tridimensionale e la Tomografia
ed Emissione di Positroni (PET), forniscono immagini ad alta risoluzione. Sono particolarmente utili nello studio del cervello e delle malattie neurodegenerative come il morbo di Parkinson e l’Alzheimer. Queste tecnologie permettono di esaminare non solo le strutture anatomiche, ma anche la composizione biochimica e il metabolismo degli organi.
● Tessuti umani ricostituiti in vitro
La ricostituzione in vitro dei tessuti umani, nota come ingegneria tissutale, consente di replicare l’architettura originaria del tessuto in vivo. Utilizzando tecniche avanzate di stampa 3D, è possibile ricreare tessuti come l’epidermide, l’epitelio corneale, orale e gengivale. Questo approccio, inizialmente sviluppato per scopi terapeutici, sta diventando fondamentale per la creazione di modelli sperimentali basati sull’uomo per la ricerca scientifica.
● Cellule staminali pluripotenti indotte (IPS)
Le IPS umane rappresentano un importante avanzamento, consentendo di ottenere in modo non invasivo tutti i tipi cellulari dallo stesso paziente (es. cellule di cuore, cervello, muscolari, ecc.). Le IPS si ottengono a partire da cellule prelevate in modo non invasivo dal paziente stesso (ad es. dalla pelle), e una volta differenziate in cellule
specializzate come ad esempio neuroni, cellule del muscolo cardiaco o del pancreas sono utilizzate per studiare le malattie in laboratorio e per la medicina personalizzata.
● Organoidi umani
Gli organoidi umani, cluster cellulari tridimensionali che riproducono l’architettura e la funzione di un organo, sono utilizzati per lo studio del meccanismo regolatorio dell’organogenesi e la modellizzazione di disturbi umani, tra cui malattie infettive, ereditarie e neoplasie.
● Organi su chip e sistemi microfisiologici
Gli organi su chip sono dispositivi microfluidici che riproducono le funzioni di un organo specifico in una piccola piattaforma di laboratorio. Questi chip contengono cellule umane coltivate in condizioni che mimano l’ambiente fisiologico dell’organo reale. Un circuito microfluidico consente il flusso di liquidi, simulando il flusso sanguigno e
consentendo interazioni dinamiche tra cellule. L’obiettivo è replicare le risposte dell’organo reale agli stimoli meccanici, strutturali e biochimici. Gli organi su chip sono utilizzati per studiare malattie, testare farmaci e comprendere le interazioni tra organi. I sistemi microfisiologici, noti anche come sistemi multi-organo su chip, vanno oltre la simulazione di singoli organi e cercano di ricreare interazioni tra più organi e sistemi del corpo umano. Questi sistemi coinvolgono diversi chip, ognuno rappresentante un organo o un tessuto specifico, collegati da circuiti microfluidici. L’obiettivo è modellare le interazioni dinamiche tra organi come avviene in vivo. Questi sistemi consentono di studiare complessi processi fisiologici e patologici, oltre a fornire una piattaforma per testare l’efficacia e la sicurezza di farmaci in modo più vicino alla risposta del corpo umano.
● Scienze “omiche”
Le scienze “omiche” studiano pool di molecole biologiche in campioni biologici e analizzano geni, trascritti del DNA, proteine, metaboliti e le loro interazioni. Questo approccio olistico consente di comprendere la biologia dei sistemi e affrontare domande biologiche complesse.
● Metodi computazionali e read across
L’uso di metodi computazionali e il “read-across” permettono la simulazione di sistemi umani, riducendo la necessità di test sperimentali.
● Microdosing in Fase Clinica Zero
Il microdosing in Fase Clinica Zero è un approccio sperimentale che coinvolge la somministrazione di dosi estremamente piccole, non attive farmacologicamente, di un candidato farmaco a volontari sani al fine di valutarne il profilo farmacocinetico nell’organismo umano. Questa fase, chiamata “Fase Clinica Zero” o “Fase 0”, precede gli studi clinici tradizionali in cui vengono testate dosi terapeutiche. L’obiettivo principale del microdosing è ottenere informazioni preziose sul comportamento del farmaco nel corpo umano in modo sicuro ed efficiente, senza causare effetti terapeutici o tossici significativi.Il successo del microdosing si basa su tecnologie analitiche innovative altamente sensibili.
● Approccio integrato
L’approccio integrato di tutte queste metodologie tra loro e con gli studi osservazionali ed interventistici sugli esseri umani costituisce un fondamentale strumento per l’avanzamento della ricerca biomedica e tossicologica, fornendo una comprensione più approfondita dei processi biologici umani.
Esempi di applicazioni
● L’apprendimento automatico identifica i farmaci che potrebbero aiutare i fumatori a smettere
● Nuovi approcci metodologici nei test di tossicità dello sviluppo
● Un modello in vitro innovativo per studiare il dolore ed i farmaci analgesici
● Metodi in silico avanzati rivelano possibile correlazione tra consumo di carne e cancro
I NAMs sono più performanti dei modelli animali
I nuovi approcci metodologici human-based dimostrano prestazioni superiori rispetto ai modelli animali in termini di sensibilità*, specificità**, e riproducibilità***, secondo gli studi comparativi esistenti. Qui riportiamo alcuni esempi tratti da articoli pubblicati su riviste scientifiche internazionali
Tossicologia: metodi in silico superano modelli animali in riproducibilità
Fegato umano su chip per la tossicologia predittiva: funziona meglio degli animali
È tempo che i revisori richiedano gli studi di convalida su Organs-on-Chip invece che sugli animali
Andare oltre il paradigma scientifico ancora dominate del “re nudo”
Note esplicative:
*Sensibilità: nei test di tossicità, la sensibilità è la capacità di identificare correttamente le sostanze tossiche, rilevando in modo accurato i veri positivi. Un alto livello di sensibilità in questo contesto significa che il test è in grado di individuare efficacemente le sostanze dannose.
** Specificità: La specificità in un test di tossicità indica la capacità di identificare correttamente le sostanze non tossiche, escludendo accuratamente i veri negativi. Un alto livello di specificità significa che il test è in grado di distinguere in modo affidabile le sostanze sicure da quelle nocive.
*** Riproducibilità: La riproducibilità si riferisce alla coerenza e alla consistenza dei risultati del test quando viene ripetuto più volte sotto condizioni simili. Un test con elevata riproducibilità produce risultati simili in situazioni simili, garantendo affidabilità nei risultati ottenuti.
Diventa un sostenitore
rIcerCARE è parte di I-CARE EUROPE ODV, in prima linea contro la sperimentazione animale e la ricerca che fa soffrire gli animali. Contattaci.